I RITI IGNEI: FUOCO ED EMOZIONI

Pays
Italy
Année
2024
Mentor
Enrico d'Onofrio
(Liceo Scientifico Giovanni Paolo I di Agnone (IS) - I.O. G.N. D'Agnillo)
Participants
Simone
Emiliana Karol
Emily
Leonardo
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Vue d'ensemble

«L’uomo si differenzia realmente dall’animale solo a partire dal giorno in cui diviene padrone del fuoco» è questo l’aforisma con il quale Chaterine Perlès, tra i più importanti archeologi mondiali, esprime l’importanza di un elemento naturale e simbolico che sin dalla preistoria pose le basi all’evoluzione dell’essere.                                                                                                   

La gestione del fuoco è stata, ed è, una forma di civilizzazione: in quanto gli umani l’hanno domato e l’hanno inglobato nelle loro società le quali sono state sottoposte ad un costante sviluppo              associando il calore al benessere o luce a splendore e prosperità.                                                          

Essere poi anche in grado di produrre calore e luce a comando, per tutto l’anno deve aver rappresentato un enorme miglioramento delle condizioni di vita.                                                            Pertanto sappiamo che i principi generali riguardanti il simbolismo, la semantica e i riti legati al fuoco, dalla seconda metà del 1800 fino ai giorni nostri, sono rimasti invariati e abbracciano sentimenti come lealtà e la fratellanza o concetti più teorici come quelli della rigenerazione e della purificazione.                

Il Molise è ricco degli antichi riti ignei, numerosi paesi vantano una lunga tradizione che conservano con passione e sacrificio:

-la sera della vigilia di Natale Montefalcone nel Sannio è rischiarata dalle farchie, enormi torce ardenti formati da diversi legnami, tagliati a lunghe listelle, le cosiddette “passateore”, inserite su un treppiede che ne permette la posizione verticale. Esse vengono assortite, quattro o cinque giorni prima della festa, da adulti, giovani e ragazzi del paese che, dopo aver preparato un treppiedi di legno, adoperando liste di legna di quercia, frassino, cerro e acero, spaccate o tonde e, più o meno dello stesso spessore, cominciano a costruire la farchia. Completata la grande torcia, si preparano degli assi di legno di circa due metri che servono per trasportarla. Parte poi una processione attreverso il corso del borgo accompagnata da canti che si innalzano come preghiere di ringraziamento che uniscono bambini, giovani e anziani.                  

-un rituale antico forse come la storia dell’uomo è la faglia di Oratino: un’enorme torcia di canne dell’altezza di dodici metri per il diametro di uno. I veri protagonisti del rito sono i giovani che solitamente il giorno dell’Immacolata - muniti di roncole e asce, si recano nei canneti più disparati per tagliare le canne. Nei giorni successivi le canne vengono preparate, per costruirla si impiega una giornata, il peso della faglia oscilla tra i venti e i venticinque quintali e per trasportarla ci vogliono venti persone a destra e venti a sinistra, i portatori sono per la maggior parte giovani. Il corteo, accompagnato da musiche popolari parte nel primo pomeriggio per arrivare in chiesa all’imbrunire. Procede poi l’elevazione della faglia, la benedizione e l’accensione. Il rito è ormai quasi un bisogno, una necessità per gli oratinesi, che con tenacia e passione mostrano il loro emblema.

- certamente il più noto e maestoso tra i riti del fuoco molisani è  la sfilata delle ndocce, festa Agnonese per antonomasia, appartiene con molta probabilità ad ancestrali culti ignei legati all’adorazione del sole e alla sacralità del fuoco, purtroppo oggi non disponiamo di fonti storiche autorevoli, ma di notizie di cronaca e di poche citazioni su libri che descrivono la suggestiva fiaccolata dei torcioni ardenti della vigilia di Natale e risulta estremamente difficile attribuirle origini attendibili, essendo essa forse anche legata al ritorno dei contadini dalle campagne circostanti, che utilizzavano le ndocce come fonte di illuminazione.                                                                            Hanno un’altezza di oltre tre metri, il materiale utilizzato per la fabbricazione è l’abete bianco, reperito quasi esclusivamente nel bosco di Montecastelbarone. I tronchi sono ripuliti dalla corteccia e tagliati in sottili listelli di circa un metro e mezzo di lunghezza, legati tra loro a mazzo e sovrapposti fino a raggiungere l’altezza di alcuni metri, è arricchita poi nel suo interno da steli secchi di ginestra, che faranno ardere le torce con il loro crepitìo, i partecipanti le assemblano a forma di ventaglio, sempre in numero pari, affinchè il carico risulti equilibrato sulle spalle, poi si parte lungo il corso di Agnone, l’enorme fiume di fuoco scorre fino a sfociare nel commovente Falò della Fratellanza, gli “ndocciatori” vestiti con abiti in stile contadino, con una cappa ed un cappello caratteristici appoggiano le torce per poi godersi il solenne spettacolo di fiamme.  

-Gli occhi di un bambino che vede per la prima volta le ndoccie, la farchie o la faglia accese sono ricchi di stupore, di curiosità e di passione, perché il fuoco ti tocca, ti entra dentro e ti segna, soprattutto da piccolo. Si innesca poi un naturale ed istintivo sentimento di tradizione e di attaccamento al territorio, che specialmente oggi dobbiamo considerare Sacro.                                Questo, è il potere del Fuoco.